Ricorda Chi Sarai

1 – Fare Rapporto
“La minaccia è stata neutralizzata, mia Signora”, annunciò Sara, sia pur con un tono di voce che non lasciava trasparire alcuna soddisfazione. “Stefania da Ratisbona ha speronato con la sua auto il veicolo su cui viaggiava l'obiettivo, facendolo precipitare in fondo ad un burrone. La squadra di Nieves da Burgos ha constatato il suo decesso.”
“E gli altri occupanti dell'auto?”, domandò Gertrude da Friburgo.
“Quando sono stati raggiunti dai nostri uomini, la moglie e il bambino erano gravemente feriti, ma ancora vivi. Nieves ha dato ordine che venisse posto fine alle loro sofferenze.”
“Bene”, commentò la Mjolnir più alta in grado, freddamente. “Quei due non c'entravano nulla con questa storia, ma non è stata una nostra decisione che affrontassero questo viaggio insieme al padre. Avrebbero potuto salvarsi, se fossero rimasti a casa. Invece hanno deciso di seguire il capofamiglia, ed ora lo seguiranno anche nell'Aldilà.”
“Non c'era bisogno di uccidere né loro, né lui”, avrebbe voluto ribattere Sara, arrossendo di rabbia nello sforzo di contenere qualsiasi reazione istintiva, e ringraziando il Cielo che il collegamento con Sonnenstadt fosse solo telefonico, anziché una videochiamata. “Era solo uno scrittore troppo fantasioso, che si era immaginato una stirpe di supereroi troppo simile alla nostra. Ci sarebbe bastato fare in modo che i suoi libri non venissero mai pubblicati, come abbiamo fatto per secoli!”
“Sì, mia Signora”, riuscì invece solo a balbettare.
“Avete svolto un ottimo lavoro”, si congratulò Gertrude, pur senza ammorbidire il solito tono di voce austero e distaccato. “Riferisci pure ai membri della tua squadra che verranno generosamente ricompensati, e che ora sono liberi di tornare ciascuno al proprio luogo di lavoro.”
Sara chiuse la comunicazione, premendo l'apposito tasto del proprio cellulare. “Fottuta bastarda”, bofonchiò in italiano, nella speranza che Olga non ci facesse troppo caso, o che non avesse capito ciò che aveva detto. La bionda Russa invece la fissava con un'espressione interrogativa: “Grazie, arrivederci, da?”, chiese.
“Né grazie, né arrivederci, in realtà”, rispose l'Italiana, continuando a masticare amaro. “Ma almeno, ci ha fatto i complimenti...”
“Complimenti? E per cosa? Per aver massacrato famiglia di tre persone? Salvato mondo di Mjolnir?”, ironizzò la Russa, che a quanto pareva ne condivideva umore ed opinione. “Se è persone come queste che devo difendere, preferisco non difendere.”
“Già”, sospiro Sara, annuendo. “Voglio parlare con Abraham da Dublino. Per anni ha guidato lui l'Agenzia per la Sicurezza di Sonnenstadt, e finché lo ha fatto, episodi come questo non si sono mai verificati. Proverò a convincerlo a tornare nella Città Nascosta.”
“Niet, tu perde tuo tempo. Lui non torna mai”, scosse il capo la Slava. “Tu sa che lui divorziato con Olinde, ed Olinde di Comitato di Comando. Meglio di no, anche per lui.”
“Anche questo è vero”, ammise Sara. “E poi... chi farebbe da Reggente al Raggio Britannico?”
“Nu, questo non è problema. Dicono che abbia nuova Allieva, che lei molto potente. Solo, queste cose non può decidere io e te, né lui solo. Decide Comitato, e in Comitato Olinde. Ascolta me, Sara: adesso noi torna a casa, prepara e organizza bene. Intanto continuiamo a fare bravi bambini.”
“Bravi bambini? A chi ti riferisci con quel noi, Olga?”, strinse le palpebre l’Italiana, cominciando a sentir puzza di bruciato. “Intendi tu, io e chi altri?”
“Tu, io e chiunque d’accordo con nostra opinione”, ribatté Olga, mettendosi sulla difensiva. “Se Mjolnir continua con paura di Comitato, loro non può fare grandi passi avanti. Tu Mjolnir da poco, ma abbastanza da capire come funziona...”
“O come non funziona”, annuì la varesina. “Potremmo fare di più, sotto tanti aspetti… e, detto in confidenza, mi dà fastidio che ci venga impedito di farlo.”
“Nu, da”, convenne la Russa, alzandosi dalla sedia ed iniziando a passeggiare per la stanza. “Vorrei che questo cambia, altro non mi soddisfa… tanti pensa così, ma tutti tace, perché loro teme reazione di Gertrude.”
“Beh, c’è da capirli”, li giustificò Sara. “La vecchia non è mai stata tenera con… beh, con nessuno.”
Olga abbozzò un sorriso. “Vero. Lavoro pericoloso, specialmente per Confratelli in vista come te o Bram. Tu comunque non preoccupa, questo Olya fa.”
“Cosa, esattamente?”, chiese la Reggente d’Olanda.
“Parlare con persone. Capire loro quante, e se loro pronte”, spiegò la Russa.
“Pronte per cosa?”, s’innervosì l’Italiana.
“Questo tu decide”, rispose lei. “Per questo serve piano. Tu pensa a obiettivo, a proposta. Non subito: quando noi pronti, muoviamo.”
“Hai ragione”, annuì la Reggente d'Olanda. “Ma adesso è ora di tornare a casa. Sono stata via da Amsterdam fin troppo a lungo.”
Un tantino sbrigativamente, Sara congedò gli altri partecipanti della missione, riportando quanto dettole al telefono da Gertrude ma guardandosi bene dall'esprimere le proprie considerazioni a riguardo. “Ci vediamo alla prossima Adunata”, si era limitata a salutarli, prima di raccogliere il suo borsone ed avviarsi verso la fermata degli autobus più vicina. Per un attimo fu tentata di aggregarsi a Stefania da Ratisbona e di chiederle di dividere con lei il sedile del taxi sul quale stava salendo, ma subito ci ripensò e cambiò idea, pensando che se avesse trascorso altri cinque minuti con quella stronza, probabilmente avrebbe lasciato la Spagna con altro sangue sulla coscienza.
Qualche minuto di attesa sotto un sole ancora cocente nonostante fosse Ottobre inoltrato, ed ecco che si avvicinò l'autobus che la avrebbe condotta in aeroporto. Prese posto su uno scomodo sedile di fianco al finestrino, tornando a rimuginare sull'esito della missione e sull'andamento che essa aveva avuto. Finché le era stato possibile, aveva provato ad evitare tutto quello spargimento di sangue; per questo aveva insistito affinché le venissero assegnate tutte quelle donne come compagne d'avventura, e dieci giorni come durata massima dell'intervento anziché i soliti cinque. Se lo scrittore fosse stato reso un Mjolnir da qualcuna di loro, adesso il Raggio Iberico avrebbe potuto dare il benvenuto ad un nuovo Confratello, anziché ritrovarsi tre morti innocenti sulla coscienza. Invece dopo sette giorni dall'inizio della missione nessuna delle partecipanti, mandate con varie scuse ad incrociare il cammino dell'aspirante scrittore, aveva ancora avvertito la Chiamata, e nonostante ci fossero ancora tre giorni di tempo, quella smorfiosa Tedesca con la puzza sotto il naso aveva insistito con Sonnenstadt affinché il Comitato di Comando desse l'ordine di mettere in atto il piano, a dispetto del parere contrario di Sara.
Anziché accusarla di insubordinazione, la responsabile della missione l'aveva lasciata fare, avendo valutato che fosse comunque ora di muoversi per non rischiare di arrivare in ritardo rispetto alla scadenza concordata. Fu così che una voce femminile – quella di Nieves da Burgos, Comandante del Raggio Iberico – raggiunse telefonicamente l'obiettivo, spacciandosi per la segretaria del responsabile editoriale di un'importante casa editrice di Madrid. Colpito dalla verosimiglianza del racconto e dalla trama originale e fantasiosa, il suo capo proponeva all'autore un incontro conoscitivo presso la sede della casa editrice nella Capitale spagnola, al termine del quale avrebbe sicuramente ricevuto una cospicua offerta economica per la pubblicazione del romanzo.
Com’era ovvio, l'aspirante scrittore accettò senza pensarci due volte, ma con tutta evidenza non aveva fatto i conti con sua moglie e con la sua gelosia. In quegli ultimi giorni la donna doveva senz'altro averlo visto in compagnia di una o più delle ragazze Mjolnir mandategli da Sara, tutte straordinariamente attraenti ed amichevoli, ed il suo livello di guardia era salito alle stelle perché temeva una possibile infedeltà del consorte; perciò, non appena il marito le annunciò la grande novità, aveva preteso di seguirlo a Madrid, portandosi dietro anche il figlioletto.
Quando Sara si rese conto che l'auto dell'ingenuo scrittore trasportava anche la sua famiglia, era troppo tardi per fermare la missione. L'ultimatum di Gertrude stava per scadere, e per far fuori l’obiettivo non si poteva attendere oltre. Lasciarlo in vita significava rischiare che prima o poi riuscisse davvero a pubblicare e diffondere il libro, mentre rubargli semplicemente il manoscritto voleva dire rischiare che potesse riscriverlo daccapo.
Il piano prevedeva di eliminarlo da qualche parte sulla strada che lo conduceva a Madrid simulando un incidente stradale, recuperare il PC portatile che conteneva il manoscritto e distruggerlo per sempre. La presenza di moglie e figlio rappresentava il pericolo di lasciare testimoni dell'accaduto, e per questo sarebbero stati costretti a sbarazzarsi anche di loro. Su questo, le spiaceva ammetterlo, Gertrude aveva ragione: non era stata una loro decisione, e se fosse andata diversamente… se Sara non avesse voluto provare con una tale testardaggine una soluzione quasi impossibile, forse la moglie della vittima non si sarebbe ingelosita. Sarebbe rimasta a casa, e almeno lei ed il figlio sarebbero rimasti vivi… si sentì opprimere dal rimorso: era il suo intero piano ad essere sbagliato, basato com’era su una speranza troppo flebile, troppo remota… su una decisione che non sarebbe stata né sua, né di altri, Umani o Mjolnir che fossero.
Le venne spontaneo fare un parallelismo tra ciò che era successo nella terra che si apprestava a lasciare e la situazione che avrebbe ritrovato al suo rientro in Olanda. Non riuscì a fare a meno di pensare a quanto inutile fosse stata la preghiera che da mesi, ormai da anni, rivolgeva ogni sera al Padre di Tutti: “Odino, ti prego. Dammi il Sangue, dammi il Vril, dammi la Forza per fare di Francesca la mia prima Allieva. Ti supplico, Padre: so bene che è una donna e che lo sono anch'io, ma fa’ sì che io la possa salvare, nel corpo e nell'anima. E se proprio non vuoi concedere a me questa grazia, fa' che sia uno dei miei Confratelli, e Ti prometto che Francesca diverrà la più devota delle tue servitrici.”
Ma Odino non aveva mai esaudito la sua preghiera, e anzi, la situazione con Francesca andava col tempo di male in peggio. Forse anche nel suo caso era giunta l'ora di rassegnarsi, di cambiare piano, prima che fosse davvero troppo tardi. Le tornarono in mente le parole di Olga, quando aveva detto che sarebbe stato meglio tornare a casa, preparare un piano e passare all'azione solo una volta che tutto fosse stato pronto. Forse a quel punto ci sarebbe ancora stata una possibilità, se tutto avesse funzionato come doveva... Dannato pullman! Ma quanto ci metteva ad arrivare all'aeroporto?
Quando finalmente scese dal’autobus, non riusciva a percepire i Vril degli altri inviati che avevano partecipato alla missione, e si rese conto di essere giunta per ultima. L'unica eccezione era rappresentata da una donna vestita in abiti comodi, alta quanto lei, dai lunghi capelli biondi legati in un'unica vistosa treccia. Olga aveva un'espressione furibonda, solo parzialmente nascosta da un grosso paio di occhiali da sole scuri: “Dibilny kaziol! Durak! Pederast kakoy! Suka, pezdets!”, sibilava di continuo guardando lo schermo del suo Blackberry, senza curarsi di nascondere la propria rabbia, né di non farsi udire. Sara le si avvicinò senza far rumore, finché la Slava non avvertì il suo Vril, voltandosi di scatto. Il lampo verde dei suoi occhi investì per un istante il volto dell'Italiana, per poi addolcirsi non appena la riconobbe: “Ah, eto ti! Guarda! Quel caprone di Nikita Pavlovich ha mandato biglietto per tornare a Russia. Von, guarda tu! Ventidue ore di scalo a... bljat, che posto di merda questo? Kishinev? Pezdets! Ja v schocke!”
“Dai, Olga, calmati! Sei diventata tutta rossa!”, la prese in giro Sara, ridacchiando. “L'avrà fatto per risparmiare...”
“O, da, koneshno lui fatto per risparmiare”, le fece il verso la Russa. “Peccato che io ho turno di guardia domani a dieci di sera. Lui cosa pensa, che io sua schiava, blin? Niet, io ventidue ore di scalo non faccio. Meglio compro biglietto con soldi miei, e visto che io arriva comunque tardi, nel tragitto mi ferma dove io vuole. Tu dove ha detto che sta andando?”, chiese, cambiando completamente espressione.
Un paio d'ore dopo, le due Mjolnir erano entrambe comodamente sedute su un aereo per Amsterdam.
CONTINUA…