PROPAGANDA
La Via d'Uscita

Che si tratti di massa o pubblico, il bersaglio della propaganda si caratterizza per passività e reattività meccanica agli stimoli indotti. Vi sono tanti principi psicologici e tecnici che permettono di indurre uno stimolo e un’intensità adeguata a garantire la reazione prevista e, insieme alle strategie studiate, meritano la quantità di libri che sono stati scritti a riguardo.
Per sintetizzare gli aspetti emotivi utilizzati per governare le masse, si utilizzano tre capisaldi della psicologia sociale:
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La Paura: emozione atavica e primitiva, fondamentale per la sopravvivenza, indurre la paura verso un particolare oggetto dialettico (sia esso un nemico, un virus, un elemento naturale…) garantisce la giusta dose di irrazionalità che porta ad affidarsi all’autorità di turno senza ovviamente porsi troppe domande.
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La Rabbia: anche questa un’emozione atavica e fondamentale per la sopravvivenza, serve come valvola di sfogo della paura, che in eccesso rischia di paralizzare o di portare a troppa irrazionalità e a rendere ingestibile la folla, e soprattutto a cementare l’identità momentanea della massa. Ideale è la costruzione del nemico comune, che nel più classico dei casi rientra nella figura del dissidente.
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La Speranza: emozione secondaria ma tipica dell’uomo, porta fiducia e coraggio nel seguire la strada tracciata dall’autorità, cancella l’eventuale barlume di intelligenza e oltre ad ogni evidenza può condurre la folla ovunque l’autorità desideri. Ottima per concludere la stigmatizzazione del dissidente, come disfattista.
Inoltre, come suggerisce l’esperto degli esperti in materia, Bernays, chiunque voglia intraprendere un’azione propagandistica deve tenere a mente che "le discussioni astratte e gli argomenti pesanti [...] non possono essere dati al pubblico se non previamente semplificati e drammatizzati".
Come nel famoso detto “Follow the Money”, che spiega di seguire i flussi di denaro per risalire al colpevole, al mandante, o ai vertici del traffico illecito, allo stesso modo anche nella scienza sociale e per la Propaganda vi è un elemento che permette di indicarci una strada da seguire al fine di individuare le nostre vulnerabilità e iniziare a sottrarsi al gioco manipolatore, spezzando così l’incantesimo.
Ma prima bisogna individuare quale sia la vera merce che, oltre ad essere d’interesse per il meccanismo manipolatorio, tiene in piedi tutta l’impalcatura psichica.
Troppo spesso si semplifica il rapporto di subordinazione come “retto da interessi economici”. Inevitabilmente, nella contemporaneità il mezzo per eccellenza è il denaro, in ogni forma in cui venga presentato, e il potere d’acquisto sicuramente riveste una centralità nei rapporti sociali, ma questo non sempre è il jolly da giocare quando si fatica a comprendere quale sia l’interesse dietro un particolare meccanismo o situazione.
Come spiegano bene in “Social Dilemma”, docufilm di successo del 2020, oltre al mero e diretto interesse economico, la vera merce che sostiene questo grande circo è l’attenzione del pubblico, o della massa che dir si voglia.
La società contemporanea vive e prospera sull’attenzione che le folle dedicano ai prodotti, alle star, ai fenomeni creati dall’industria propagandistica di riferimento. L’adesione al tal modello culturale, o al tal fenomeno sociale, piuttosto che al brand o al partito, è frutto prima di tutto dell’attenzione per lo più acritica che viene costantemente regalata.
Proprio questa, che è la vera merce psichica che barattiamo per un po’ di endorfine e dopamina stimolata dalle narrazioni artificiali proposte, è la stessa benzina che si può usare per iniziare a sottrarsi ai giochi democratici che la Propaganda propone. Direzionare la nostra attenzione per accorgerci e capire dove si trovano le nostre vulnerabilità emotive che fisiologicamente ci porterebbero a reagire in maniera meccanica allo stimolo indotto e, successivamente, scegliere di agire diversamente rispetto a come lo stimolo reattivo ci imporrebbe: già solo questo ci garantirebbe un’iniziale presa di distanza dall’incantesimo propagandistico.
Se la massa – pubblico non può fisiologicamente liberarsi dagli schemi psicologici descritti, l’individuo ne ha assolutamente potere e facoltà, al pari dei piccoli gruppi.
Parimenti, se volessimo iniziare un’operazione di comunicazione di massa, dovremmo iniziare a cogliere l’attenzione di un target di riferimento che sia raggiungibile e “prossimo” ai mezzi di comunicazione di cui disponiamo, studiare le sue vulnerabilità emotive e iniziare con semplicità ad agire su queste, seducendole.
Questo si può dire sia il cuore di quello che, attraverso mille specifiche e interessanti approfondimenti, oggi chiamano PsyWar o Guerra Psicologica, argomento che magari approfondiremo successivamente.