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PROPAGANDA

Tra Rapporti Sociali e Società di Massa

«Coloro che hanno in mano questo meccanismo [...] costituiscono [...] il vero potere esecutivo del paese. Noi siamo dominati, la nostra mente plasmata, i nostri gusti formati, le nostre idee suggerite, da gente di cui non abbiamo mai sentito parlare. [...] Sono loro che manovrano i fili...»

(Edward L. Bernays)

 

Quando parliamo di Propaganda si intende "l'attività di disseminazione di idee e informazioni con lo scopo di indurre a specifici atteggiamenti e azioni" ossia il "conscio, metodico e pianificato utilizzo di tecniche di persuasione per raggiungere specifici obiettivi atti a beneficiare coloro che organizzano il processo".

Che sia un’azienda che vuole vendere il proprio prodotto, un governo che deve perseguire una propria politica, o un partito che necessita di ottenere un certo risultato elettorale, il soggetto in questione dovrà confrontarsi per forza di cose con un impianto tecnico atto a suggestionare il target di riferimento per indurre una reazione a sé favorevole.

Sia chiaro, la Propaganda è un fenomeno vecchio quanto l’uomo e la storia ne attesta testimonianze fin dalle pitture rupestri, e passando per il De Bello Gallico giunge ai social media di oggi. Le regole auree restano immutate perché è una materia che parla sempre e comunque all’uomo e che dell’uomo tratta, entrando con precisione negli antri dell’inconscio individuale e collettivo. È la modernità, però, che si ritrova con la necessità di rendere la Propaganda una sorta di scienza, a causa dei profondi mutamenti sociali che la società occidentale ha dovuto affrontare dalla rivoluzione francese in avanti.

La Propaganda moderna, infatti va di pari passo con il concetto di società di massa, ed è proprio in questa inevitabile relazione che possiamo trovare il bandolo della matassa per iniziare a fare chiarezza sugli effetti reali che questa materia ha sul quotidiano di nazioni, popoli e individui.

L’elemento cardine per la comprensione della Propaganda è il concetto di Società di Massa, che viene definita come “caratterizzata da un significativo ruolo delle masse nello svolgimento della vita politica e sociale, ma anche da una loro crescente omologazione, perdita di autonomia individuale, atomizzazione, conformismo, facilità di manipolazione ed eterodirezione.”

Datato di solito tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900, tale humus sociale si presenta come un problema e un’opportunità per le classi dirigenti che si prefiggono l’obiettivo di studiare e governare un mondo in profondo cambiamento. Proprio il padre della psicologia delle masse, Gustav Le Bon, ci spiega come il coinvolgimento delle folle abbia cambiato le esigenze delle classi dirigenti per poter governare:

«È solo studiando la psicologia della folla che si può comprendere che le azioni della legge e delle istituzioni su di loro sono insignificanti, che loro [le masse] sono incapaci di sostenere un'opinione qualunque se non quelle che gli vengono imposte, e che non è con le leggi basate sulle teorie della pura eguaglianza che essi vanno guidati, bensì con lo studio di ciò che li impressiona e li seduce.»

Infatti, Le Bon, considerato grande ispiratore di fatto di ogni forma di governo novecentesco, centra in pieno uno dei punti più difficili da digerire dal pittoresco “nuovo fronte del dissenso”, ma altresì facilmente verificabile da qualsiasi osservatore mediamente attento: le masse sono un’essenza informe, priva di qualsivoglia identità, coscienza e intelletto, quindi sono facili prede dell’emotività più reattiva, che tenderà naturalmente all’omologazione.

A conforto di tale evidenza interviene anche la Treccani nel prosieguo della definizione della società di Massa:

“Molti studiosi hanno quindi individuato nelle società di massa una dicotomia fra un «pubblico di élite», composto da gruppi dirigenti e avanguardie intellettuali, e un «pubblico di massa», ossia un insieme di persone dotate di un sistema di credenze cognitivamente povere ed emotivamente instabili, e pertanto esposte alle manipolazioni e alla eterodirezione delle élite.”

Da questa definizione possiamo vedere come la dicotomia imperante nella narrazione “anti sistema” attuale non sia accademicamente peregrina, ma nei fatti si dimostri sterile e puerile nell’insistere a inasprire l’attrito tra élite e masse manipolate, auspicando in una fantomatica liberazione o un non meglio specificato “risveglio” di queste, quale preludio a un fantasioso rovesciamento dei dominanti da parte dei subalterni.

Viceversa, diventa più comprensibile come comportamenti aberranti continuino a verificarsi nelle nostre società e con successo contribuiscano a farne una caricatura: gli esempi possono essere i centri commerciali assaltati durante i Black Friday in America, la mania dei Gay Pride in Europa o le psicosi e isterie legate alla recente pandemia. Semplificando, ma non troppo, questi e altri esempi possono tranquillamente inserirsi nell’emotività instabile delle masse sedotte e manipolate.

 

[continua…]

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