LIBERTA'
Un Dovere oltre le Illusioni Moderne

Tra gli uomini dobbiamo ricordare Socrate, esempio fecondo non soltanto per gli stoici ma per gli spiriti audaci di ogni tempo.
Sulla vita e la dottrina di quest’uomo i pareri possono anche divergere;
la sua morte resta però uno degli eventi più grandi.
Ernst Junger
Secondo Junger l’uomo occidentale moderno, di cui abbiamo ampiamente delineato la figura nel precedente articolo, è prigioniero della tecnica, del progresso e della società in cui vive.
Naturalmente, a questa figura Junger ne contrappone un’altra, chiamata Ribelle, che rappresenta invece in tutto e per tutto l’uomo libero.
Ma che cos’è la libertà?
Gli stoici si sono lungamente espressi sul tema, sottolineando come essa sia una condizione interiore, che non si guadagna e non si perde: la si possiede.
La libertà spirituale non viene concessa: o c'è o manca
Ma non viene nemmeno pretesa, bensì dimostrata, e di essa vive il mondo.
Nulla è più semplice di questa prova, eppure nulla è più arduo.
Per questo motivo, non vi sono dubbi che Epitteto, nato schiavo ed affrancato legalmente soltanto attorno ai trent'anni, fosse in realtà sempre stato un uomo libero, così come non vi sono dubbi che Socrate, imprigionato e condannato a morte, scegliendo di ingerire la cicuta invece di fuggire abbia manifestato una condizione di reale libertà.
Questo perché la libertà è una condizione interiore che inesorabilmente si manifesta all’esterno, ma non è da questo che origina, ed è talmente profonda che permette a chi la vive di trovarsi in catene, al patibolo o sul letto di morte, senza per questo sentirsi affatto prigioniero.
Nel precedente articolo abbiamo comparato l’uomo moderno a Pinocchio, e la sua continua ricerca di una vita diversa, migliore e più lunga, al tentativo costante e inutile del ciocco di legno di diventare un bambino vero.
Ciò che impedisce al moderno protagonista della fiaba di raggiungere il suo obiettivo è la paura della morte: egli non si sente libero, perché teme costantemente la propria scomparsa, e per non dover affrontare questa paura arcaica e fondante della condizione umana è disposto a sacrificare anima e corpo, solo per esistere un giorno in più.
La differenza tra questa condizione e quella socratica è lampante.
Quello che compie il filosofo assumendo il veleno non è un suicidio provocato dall’insopportazione della vita e delle sue condizioni, che sarebbe dunque dettato in nuce dalla stessa paura che fa temere la morte al punto da rinunciare alla vita stessa, ma è anzi un atto di vera libertà che testimonia una salda disposizione a prendersi ogni responsabilità per i propri pensieri e azioni, atto che può essere compiuto solo da chi non teme di morire perché sa che la morte fa parte della vita e come tale va accettata con egual dignità.
Qualsiasi paura, per quanto sembri derivata, è essenzialmente paura della morte.
L’uomo che riesce qui a strapparle terreno può imporre la sua libertà in ogni altro ambito governato dalla paura, e abbattere i giganti, la cui arma è il terrore.
Gli insegnamenti dei filosofi mostrano chiaramente che la libertà non consiste, come oggi spesso si crede, nel fare ciò che si vuole seguendo i capricci del momento e senza porsi dei limiti. Al contrario, un uomo che agisce in tal modo non potrebbe essere più schiavo di così: schiavo dei suoi bisogni, delle sue passioni e degli stimoli a cui non riesce a dire di no.
Quest’uomo si dimostra debole, incapace di affermare la sua reale Volontà di Potenza e di conseguenza estremamente manipolabile, non solo dal singolo ma anche a livello sociale tramite desideri indotti o stimoli continui.
Altro problema è che spesso l’uomo è convinto che essere libero significhi andare oltre i limiti imposti dalla Natura, commettendo di conseguenza il peccato di Hybris, nel tentativo disperato di superarli, che nasce però da una profonda angoscia data dalla non accettazione della propria condizione mortale. In questo modo, egli si condanna ad inseguire un obiettivo irraggiungibile perché il limite ultimo imposto dalla Natura è insormontabile, finendo col vivere nell’odio e nello sconforto, al contrario di colui che accetta la propria condizione mortale così come la Natura l’ha creata, vivendo in uno stato di armonia con l'Esistenza stessa.
Tentare di prolungare in eterno la propria vita, ad esempio perché si teme di morire, non costituisce alcun raggiungimento di libertà per l’uomo: al contrario, vivere serenamente con la consapevolezza che questa esperienza non è illimitata, e grazie a questo farne buon uso, rappresenta una vera via per la liberazione.
L’uomo libero, infatti, sa che non è libero grazie a una qualche condizione esterna, poiché significherebbe che il suo stato non dipende da lui, e questo non avrebbe senso, dato che la libertà può giungere solo dall'interno: egli è libero dalle sue passioni e dai suoi capricci più involuti, è libero dalla sua paura e dalla sua angoscia, è libero quindi di vivere serenamente, poiché qualunque sia la sua condizione del momento, sarà veramente scevro da preoccupazioni, tormenti o euforie.
La maggior parte degli uomini, tuttavia, rifugge la libertà stessa, e anzi la teme, consapevole che essa porta a maggiori responsabilità e scelte, preferendo rifugiarsi nella comoda condizione di schiavo, totalmente deresponsabilizzato ed in balìa del mondo.
Il vero problema è piuttosto che una grande maggioranza non vuole la libertà, anzi ne ha paura.
Bisogna essere liberi per volerlo diventare, poiché la libertà è esistenza,
soprattutto è un accordo consapevole con l’esistenza, è la voglia
– sentita come destino –
di realizzarla.
Naturalmente, l’uomo che teme la libertà odierà colui che invece è libero, poiché vedrà in lui la realizzazione di quello che egli stesso è troppo codardo per ricercare; e nella sua capacità di schierarsi e compiere scelte con la fermezza tipica di chi non ha nulla da temere, vedrà un pericolo, in particolare quello di non poter più fingere di essere una vittima del mondo, ma di dover accettare di avere delle responsabilità nei confronti della propria vita e di sé stesso in primis.
Dobbiamo ammettere che oggi è particolarmente difficile affermare la libertà.
La resistenza richiede grandi sacrifici: il che spiega anche perché la maggior parte delle persone scelga la costrizione.
Ma la storia autentica può essere fatta soltanto da uomini liberi.
La storia è l’impronta che l’uomo dà al destino.
In questo senso possiamo dire che l’uomo libero agisce in nome di tutti:
il suo sacrificio vale anche per gli altri.
Il vero scopo dell’uomo è quello di elevarsi oltre la sua stessa condizione di schiavitù, il che implica naturalmente una responsabilità sempre maggiore e il coraggio di andare spesso contro il pensiero della massa, che tende ad isolare e stigmatizzare il Ribelle.
Non è che egli sia un bastian contrario per natura, ma non può essere d’accordo con la massa perché essa è un’entità che racchiude al suo interno una moltitudine di persone che rinunciano alla propria soggettività e al proprio pensiero critico per pensare in gruppo e così agire.
Il lettore attento comprenderà che l’uomo libero non potrà mai far parte della massa, perché il cammino di liberazione è del singolo e va compiuto da solo: un’entità del genere non potrà mai liberarsi, e sia che la massa lotti per la pace, per la guerra, per il progresso o per il ritorno agli antichi costumi, sarà comunque sempre costituita da uomini dormienti che si muovono come un gregge.
Se avere ancora un proprio destino o essere considerato un numero: è questa la decisione che oggi sta di fronte a tutti, ma che ciascuno deve prendere da solo.
Il singolo è sovrano oggi esattamente come in qualsiasi altro periodo della storia, e forse oggi è ancora più forte.
Giacché il singolo, più i poteri collettivi guadagnano terreno, più si rende autonomo dagli antichi organismi costituitisi nel tempo, e allora fa parte per se stesso.
Diventa così l’antagonista del Leviatano, o addirittura il suo dominatore.
Il singolo che vuole evolvere deve andare incontro ad un cammino di liberazione, e Junger chiama questo percorso - di cui tratteremo nello specifico nel prossimo articolo - il passaggio al bosco.
Il luogo della libertà è ben diverso dalla semplice opposizione, e non si trova neppure mediante la fuga.
Noi a questo luogo abbiamo dato il nome di bosco.