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Gollum
La Pietà nello Sguardo e nell'Azione

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“Aveva scoperto che tutti i “grandi segreti” sepolti sotto le montagne non erano altro che vuota notte. Non c’era niente più da trovare, niente più che valesse la pena fare, soltanto furtivi pasti malvagi e ricordi sdegnati. Era un povero diavolo miserabile: odiava l’oscurità ed odiava ancor più la luce, odiava qualsiasi cosa ed innanzi tutto l’Anello”

 

Abbiamo analizzato le caratteristiche salienti di Gollum, e il quadro che ne emerge decisamente non è positivo. Ma allora, come mai Gollum suscita tanta Pietà? Possiamo cercare di capirlo osservando coloro che provano questo sentimento interagendo con lui.

 

Innanzitutto Bilbo, la prima creatura con cui Gollum intrattiene un conversazione al di fuori di Sé stesso dopo secoli. L'incontro avviene in una situazione di estremo pericolo per il giovane Hobbit, e inizialmente la cautela prevale, anche perché Gollum non sembra avere buone intenzioni. Dopo una surreale gara di indovinelli, Gollum si accorge di aver perso l'Anello e comincia a sospettare che sia Bilbo ad averlo. In quel frangente Bilbo inavvertitamente se lo infila al dito, e scopre l'invisibilità che esso garantisce. A quel punto fugge fino a trovare l'uscita, ma Gollum, che lo ha superato senza vederlo, gli blocca la strada. Ed è proprio lì, con Gollum a portata del suo pugnale, completamente ignaro, che il suo Cuore gli ferma la mano:

 

“Ed era infelice, solo e smarrito. Un’improvvisa comprensione, una pietà mista a orrore, pervase il cuore di Bilbo: rapida come un baleno si levò davanti a lui la visione di infiniti, identici giorni, senza una luce o una speranza di miglioramento: pietra dura, pesce freddo, strisciare e sussurrare.”

 

Bilbo riesce a vedere la misera condizione di vita della creatura, al di là delle sue azioni, dimostrando la sua purezza d'animo e compiendo un'azione non facile, ovvero superarlo con un balzo e rivelando per un momento la propria posizione, quindi rischiando la vita pur di tener fede a ciò che sente come giusto.

 

Successivamente abbiamo Gandalf, che si potrebbe definire il meno sorprendente, dato che come sappiamo quando non si era ancora incarnato è stato educato alla Pietà dalla Vala Nienna, Signora di questo sentimento. Egli è sicuramente colui che, in virtù della sua saggezza, riesce a vedere più approfonditamente nei meccanismi a cui Gollum è sottoposto. Lo vediamo chiaramente nel racconto che fa a Frodo a proposito dell'incontro di Gollum e Bilbo:

 

“Gollum non era completamente distrutto: aveva dimostrato di essere molto più robusto di quanto noi Saggi avremmo pensato... proprio come un Hobbit. Un piccolo angolo della sua mente rimaneva ancora intatto, e quel giorno una luce lo attraversò come una fessura nel buio: luce del passato. Provò che era piacevole sentire nuovamente una voce gentile, che faceva rivivere in lui il ricordo del vento, degli alberi, del sole sull’erba, e di altre meraviglie dimenticate”

 

Gandalf, ascoltando la storia di Gollum, rimette insieme i pezzi e comprende la terribile condanna che si è abbattuta sulla creatura, ancor più di quanto Bilbo fosse riuscito a fare istintivamente grazie al suo buon cuore. Il rapporto con l'Anello è una dipendenza a tutti gli effetti. Gollum lo ama, così come ama Sé stesso tanto da sopportare secoli di solitudine per continuare a bearsi del fatto di esserne il possessore, e non riesce a separarsene: per questo al tempo stesso lo odia, così come odia Sé stesso per non avere più alcuna forza di volontà. Inoltre Gandalf sa bene che l'Anello ha una propria volontà, ed essendo stato creato con lo scopo di soggiogare menti e cuori, è esattamente ciò che fa con chiunque lo possegga, tranne che con il suo vero padrone. Nonostante questo la natura di Gandalf, che lo porta a non abbandonare mai la speranza, gli dice che non tutto è perduto e che Sméagol potrebbe un giorno tornare ad essere padrone di Sé, sebbene sia quasi impossibile.

 

Per quanto riguarda Frodo, che certamente rientra in questo elenco, il suo rapporto con Gollum è più particolare e sviluppato all'interno dei romanzi, e verrà trattato in maniera più approfondita nel prossimo articolo.

 

Questi personaggi non sono i soli a riconoscere il tormento di Gollum: vi sono altri due esempi significativi, uno dei quali è molto curioso a parere di chi scrive.

 

Dopo aver catturato ed interrogato Gollum, Gandalf decide di affidarlo agli Elfi di Bosco Atro perché lo custodiscano, in modo che non possa portare a termine i suoi propositi di vendetta sui Baggins. Al di là della Pietà che si può provare, ci si trova pur sempre di fronte ad un essere capace di tutto, come spiega lo stesso Gandalf:

 

“Ciò nonostante sono il primo ad essere contento che i vigilanti Elfi del Bosco Atro lo tengano al sicuro. La sua malvagità è grande e gli conferisce una forza incredibile per un essere sì magro ed avvizzito. Molte malignità potrebbe ancora escogitare, se fosse libero”

 

Eppure, nonostante gli Elfi siano famosi per non essere teneri con le creature malvagie, la sofferenza di Gollum è così evidente che non riescono a restare indifferenti. Dice Legolas al Concilio di Elrond:

 

“Gandalf ci aveva dato speranze sulla sua guarigione, e non avevamo il cuore di tenerlo sempre rinchiuso nelle prigioni sotterranee, dove i suoi vecchi pensieri cupi l’avrebbero nuovamente assalito”

 

Così decidono di lasciarlo uscire, seppur sorvegliato, di giorno in mezzo al bosco, nella speranza che il contatto con la Natura possa portargli sollievo e ricordargli tempi più felici. Gollum ricambia questa bontà d'animo col tradimento: riesce a mettersi in contatto con le spie di Sauron, che mandano un'incursione di Orchi per liberarlo. Un monito per chi esercita la Pietà senza discernimento.

 

L'ultimo esempio non ha decisamente nulla a che fare con la Pietà, ma dice molto sul tormento di Gollum. Nella sua ricerca dell'Anello si reca a Mordor, e lì viene catturato ed interrogato con metodi decisamente peggiori di quelli usati da Gandalf. Sauron in persona assiste all'interrogatorio, e apprende tutto ciò che la creatura può dirgli, ma nonostante alla fine venga a conoscenza di avere davanti colui che ha tenuto il suo Anello per secoli, ritardandone la scoperta, decide di non ucciderlo. Ne avrebbe tutte le ragioni, eppure anche il Signore Oscuro vede in lui il disperato legame con l'Anello, e quel piccolo spazio dove Sméagol ancora esiste, e decide di lasciarlo andare. Sicuramente lo fa conscio del fatto che Gollum non avrà pace finché non troverà l'Anello, e potrebbe ancora condurlo dall'artefatto, nonostante non se ne fidi; d'altra parte il tormento interiore a cui è sottoposto è talmente evidente che ucciderlo sarebbe quasi meglio per Gollum, una liberazione.

 

Insomma, Gollum è sì un essere abietto e repellente, ma la sua storia e la sua condizione lo rendono degno della Pietà di molti, nonostante le sue azioni, e anche della Speranza che Gandalf ripone in lui. È l'immagine del piccolo essere, egoista e meschino, che cade per mano di un Potere enorme, che di certo non è in grado di gestire. Nonostante sembri votato al Male, la verità è che è votato solo a Sé stesso, e infatti in mezzo millennio di utilizzo dell'oggetto non si erge come conquistatore o dominatore, soggiogando altri alla propria volontà: non ne ha per Sé, e quindi non potrebbe proiettarla all'esterno, ma nemmeno lo desidera. Sicuramente egli è responsabile di ciò che gli accade così come del suo lato più orribile, che l'Anello non può creare ma si limita a sfruttare, tuttavia non si può rimanere indifferenti di fronte alle sue profonde sofferenze, per quanto autoinflitte, o forse proprio in virtù di questo. Bisogna sottolineare, però, che nonostante la Pietà, nessuno dei personaggi reagisce con l'inazione di fronte a Gollum, e se lo fa è frutto di una scelta precisa. Sarebbe semplice per Bilbo ucciderlo, e anche per Frodo al loro successivo incontro, sarebbe facile per Gandalf impedirgli per sempre di causare danni o punirlo per quelli già causati, mentre gli Elfi di Bosco Atro potrebbero rinchiuderlo nella più profonda delle segrete e dimenticarsene. Eppure tutti loro scelgono diversamente.

 

Cosa cerca di dirci Tolkien? Che chi ha anche solo uno spiraglio di Luce dentro di Sé non è da considerare perso, che la Pietà è saper vedere questo spiraglio al di là delle manifestazioni esterne, imparando a Vedere realmente l'Altro, e che bisogna ricordarsi in ogni caso che la Pietà non è indolenza né inazione: bisogna riconoscere il Bene che alberga nel prossimo, ma anche il Male, e non dimenticarsi mai di entrambi, agendo di conseguenza. Infatti non esiste Pietà per gli Orchi, votati unicamente al Male senza speranza di redenzione, e lo stesso Gollum non viene comunque lasciato libero di agire come meglio crede: viene fermato quando possibile, anche tramite un certo impiego della forza, e sempre con decisione. La Pietà, oltre che un sentimento, è una scelta, e come tutte le scelte implica una responsabilità.

I Fuochi di Gondor

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